Sandro Munari stravince il 43° Rally di Monte Carlo.
la sua STRATOS ha il numero 14, un numero che evidentemente al "Drago" porta un sacco di bene.
Aveva il 14 quando, dieci anni prima, aprì, proprio nel Montecarlo, il suo felice sodalizio con la Lancia; aveva il 14 quando sette anni dopo sbalordì il mondo intero battendo, nel Montecarlo, le ALPINE con la "vecchia" FULVIA HF 1600; ha il 14 adesso che al commando del Montecarlo ci rimane dalla prima prova speciale all'ultima.
Cosa, questa, mai riuscita a nessun altro pilota nella storia dei Rally.
Si dirà, ed è stato detto, che farla da padrone con una STRATOS, cioè con una macchina tanto più potente delle avversarie, è facile. Non condividiamo.
Certo, è molto semplice partire con un sei cilindri da 240 CV, ricordando che potrebbero essere molti di più, da opporre ai 200 dei Quattro cilindri della concorrenza. Ma è anche vero che un rally insidioso come il Montecarlo è sempre pieno di incognite e basta davvero poco per buttare via una intera gara.
Il Montecarlo del 1975 poi, fu una vera follia per auto ed equipaggi. Tanto per cominciare per Munari-Mannucci e per gli altri 95 iscritti per andare da Monaco a Monaco il percorso fu di 6500 km. Un giretto non da poco.
Stupenda la LANCIA STRATOS che, come un orologio svizzero, senza mai perdere un colpo reggerà all'incredibile sforzo approdando al traguardo con il motore pressoché intatto. E soprattutto grandioso Sandro Munari, pilota preciso e meticoloso, capace, in una gara "massacrante" come il Montecarlo, di portare il suo gioiello nel parco chiuso senza neanche un graffio sulla carrozzeria, suggellando così il trionfo del binomio tutto italiano.
E pensare che le cose per la Lancia erano cominciate proprio male.
Il primo a farne le spese fu Amilcare Ballestrieri, in coppia con l'amico Piero Sodano, fermo nelle campagne del cuneese con il motore della sua Beta Coupè ammutolito dopo strani rumori metallici provenienti da sotto il cofano. Una biella "capricciosa" impedisce al "Balestra" di arrivare dai suoi meccanici e il Montecarlo resta orfano di uno dei suoi sicuri protagonisti.
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La Marcia di avvicinamento a Monaco, 4000 Km inutili e dispendiosi, prosegue senza sosta. Cuneo, Voghera, La Spezia, Roma, Benevento. L'aquila, Arezzo, San Marino, Cortina, Brescia, Pinerolo, Gap!
A cinquanta di media, sai che goduria!
A Gap approdano tutti con le "ossa rotte" e morti di sonno. Dieci ore di riposo e poi pronti per il rally vero e proprio. Adesso si fa sul serio, tutto quello che si era fatto prima era uno scherzo (di cattivo e pessimo gusto, osiamo aggiungere).
Comincia il "gioco". Quattro prove speciali molto insidiose con il fondo sporco e innevato. Munari sulla prima mette tutti in riga, battendo il giovane finlandese Markku ALEN, ritenuto imbattibile sulla neve, KULLANG, alfiere della OPEL che per l'occasione si avvale dei consigli di Walter ROEHRL, e Jean-Claude ANDRUET pilota francese anch'egli a bordo della Stratos e già vincitore a Montecarlo due anni prima con l'Alpine Renault.
Raffaele PINTO, invece sembra tenere con fatica il passo degli avversari. Per lui, del resto la Stratos è un'auto nuova da guidare e, in quelle condizioni estreme, non può certo fare faville.
Lo staff Lancia, capeggiato da Cesare FIORIO, Daniele AUDETTO e da Mike PARKES, gongola al solo pensiero di portare al traguardo tre vetture, senza pensare che il Montecarlo è affascinante proprio perchè ricco di imprevisti.
Sulla seconda speciale, la Jabron-Chateauvieux, per la Lancia arriva il patatrac. Piove e l'asfalto chiazzato di verglas richiede molta "esperienza" e "mestiere". Andruet arriva veloce in una curva a sinistra che "chiude" e, nell'affrontare il tornante successivo a destra scivola sul ghiaccio picchiando il muso della sua STRATOS contro una roccia. Fine della corsa!
Poco dopo sopraggiunge Munari e solo un miracolo lo tiene in strada. Poi tocca a Lele Pinto e, per lui, stessa sorte del transalpino. Due STRATOS KO in una speciale e nello stesso punto sono un brutto colpo per gli uomini dell'HF. Ora i volti sono scuri. Ci vuole sangue freddo in questi momenti. Munari non si scompone, anzi ripete più volte che spesso si è trovato ad affrontare simili situazioni e sdrammatizza quanto successo.
Parkes, parallelamente cerca di sollevare il morale della squadra esponendo una sua personale teoria: il vincitore è sempre uno solo e poco importa che sia uno o l'altro pilota a trionfare. l'importante è che sia una STRATOS.
Si riparte e il rally sconfina in Italia. Il "Drago" ancora una volta detta legge vincendo sulle prove speciali Perinaldo-Vignai e Molini di Triora-Bivio Baggio, già affrontate nel Rally di Sanremo entrambe davanti ad un altro fuoriclasse, alfiere della rivale FIAT-ABARTH: Fulvio Bachelli.
Termina così la seconda tappa, molto dura ed affrontata in condizioni davvero difficili. Munari e Mannucci sono i primi ad entrare nella piazza del Casino di Monaco ed i primi a ripartire il giorno dopo per l'ultima e decisiva notte del Rally: quella del mitico Col de Turini.
Si comincia con una classica del "Monte": il famigerato BURZET che vede come protagonista l'Alpine Renault, rimasta fino a quel momento nell'ombra. Jean-Pierre Nicolas si scatena andando all'assalto delle tre FIAT 131 ABARTH che lo precedono. Bacchelli, Alen e Mikkola vengono sopravanzati ma il transalpino, forse troppo sicuro ed irruente, nel tentativo di "andare a prendere" anche la Stratos (sicuramente irraggiungibile), schizza via per la tangente in una curva molto insidiosa e in pochi istanti addio sogni di gloria.
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Munari non fa una piega e si limita a controllare la situazione, consapevole però che la corsa, ancora lunga, potrebbe riservargli poco gradite sorprese. Ed eccoci all'ultima notte, quella del Col del Turini, una prova di grande fascino che da sola vale quanto l'intero rally. Il "Drago" ha le idee molto chiare. Cercare di limitare i danni sullo sterrato del Col Segra, dieci Km infernali, per poi dare tutto, ma con grande concentrazione, nel tratto finale di asfalto. Piove e fa freddo ma poco importa per i tifosi italiani bivaccati "allo scollinamento" pronti ad applaudire il passaggio del "Drago". Munari non commette un solo errore, guida sereno, in punta di dita, ascoltando il motore della sua STRATOS, tanto rassicurante nel suo sordo rombo. Affronta le curve con grande maestria lasciando dietro di se scroscianti applausi e grida di incoraggiamento. Una specie di vitamina per il corpo e la mente, capace di darti quella carica in più per ottenere la vittoria.
Tre volte egli transiterà davanti ai sostenitori italiani e tre volte sarà primo al termine della speciale. Il Col de Turini ancora una volta ha emesso il suo verdetto decidendo i nomi dei vincitori del Montecarlo: Sandro Munari e Mario Mannucci. Dietro all'imprendibile coppia un terzetto di 131 ABARTH composto da Mikkola, secondo sul filo di lana, davanti ad Alen e Bacchelli. E' il trionfo dell'industria Italiana capace di primeggiare in una gara tanto difficile quanto prestigiosa.
La mattina successiva è una mattina di sole. Munari e Mannucci stappano lo Champagne circondati dagli uomini dell'HF. Sono tutti molto stanchi, ma la gioia impedisce loro di prendere sonno. Tutto intorno si respira aria di festa per un trionfo davvero fantastico. E nella bolgia di entusiasmo, di applausi, di grida festose e di lacrime di gioia una cosa colpisce più delle altre: il tricolore bianco rosso e verde dipinto sulla STRATOS ALITALIA. Una vittoria tutta italiana.
Immagini www.stratosmania.com
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